L’11 maggio del 1946 la Scala riapre.
Il Teatro alla Scala ricostruito riaprì con uno storico concerto diretto da Arturo Toscanini. Fra i teatri colpiti dalla guerra la Scala fu il primo a rimettersi in piedi.
La notte tra il 15 e il 16 agosto del 1943 il Teatro alla Scala aveva subito un pesante bombardamento. Le bombe avevano fatto crollare il soffitto distruggendo il quinto e il sesto ordine di palchi di galleria con gravi danni anche ai palchi sottostanti e ai servizi. Era salvo solo il palcoscenico, grazie al sipario metallico fatto calare a protezione, ma Il cumulo di macerie arrivava al secondo ordine di palchi. Non prevalse, tuttavia, l’idea di demolire quel poco rimasto. “Vincitori e vinti” si unirono in una azione comune per la sua ricostruzione. Il primo passo venne proprio dal governo germanico che, come racconta Giuseppe Barigazzi, “volle compiere un gesto di pietà” facendo coprire il Teatro con un tetto provvisorio.
Ai primi di maggio del 1945 il sindaco della Liberazione Antonio Greppi ricevette una precisa raccomandazione dal colonnello Harry Hersenshon, un avvocato di Chicago, che svolgeva le funzione di sindaco militare :”Noi vogliamo che la Scala sia ricostruita al più presto”. Greppi, allora, nominò commissario straordinario Antonio Ghiringhelli, un suo amico, facoltoso imprenditore di grandi capacità. Il governo stanziò dei finanziamenti che, però, allora come ora, tardavano ad arrivare per i soliti intoppi burocratici. Ghiringhelli, che già aveva deciso di non percepire alcun compenso per il suo incarico, anticipò di tasca sua. Ben 60 milioni di lire, una cifra enorme per quei tempi. I lavori furono affidati all’ingegnere Lorenzo Secchi, dal 1932 architetto conservatore della Scala. Secchi conosceva tutti i segreti del Teatro, compresa la magnifica acustica della sala, che riuscì a ripristinare malgrado le difficoltà per reperire i materiali adatti in quel difficile dopoguerra. Secchi promise di consegnare il Teatro ricostruito per maggio del ’46.
L’impegno fu rispettato. Ad inaugurare il Teatro ricostruito venne chiamato Toscanini che si trovava in America dal 1939. Toscanini, malgrado il fortissimo desiderio di tornare in Italia a dirigere il concerto di riapertura, volle delle garanzie: non sarebbe tornato in Italia con i Savoia ancora presenti. Questo era un problema, perché il Referendum era stato fissato per il 2 giugno, mentre il concerto di inaugurazione doveva tenersi l’11 maggio. Ingegnoso e decisivo lo stratagemma cui ricorsero i protagonisti di questa storia.
La soluzione, come racconta Barigazzi, anche in questo caso fu trovata a più mani: da una parte Hans Bush,figlio del direttore d’orchestra Fritz Bush, ufficiale americano a Milano incaricato della Scala, dall’altra Ghiringhelli che, con la complicità di alcuni amici, espose sul tetto del Teatro la bandiera italiana priva dello stemma sabaudo e l’accostò ad un cartello in cui si leggeva “Vogliamo Toscanini”. Si lasciò il tutto giusto il tempo di una foto.
Toscanini si convinse e,a 79 anni, il 27 aprile 1946 il direttore sbarcò a Milano. Con un battimano provò subito l’acustica della sala: “É come prima…”,esclamò. Ritrovò la sua orchestra che mise in riga con il suo carisma. Il concerto venne diffuso dalla radio e dagli altoparlanti in piazza della Scala,in Galleria,fino a piazza del Duomo. Toscanini vietò anche di dire due parole prima del Concerto al sindaco Greppi, che ne avrebbe avuto il diritto. Il Maestro fu irremovibile: “La musica deve essere separata dalla politica”.
Il concerto fu un trionfo, un evento storico carico di significato. Venne eseguita solo musica operistica: Rossini, Verdi, Boito, Puccini. Con i cantanti Tancredi Pasero, Mafalda Favero, Stabile, Malipiero, Jolanda Giardino, Giuseppe Nessi, Carlo Forti, e con Renata Tebaldi, una giovane ventiquattrenne mai sentita alla Scala, e, infine, il coro istruito dal Maestro Vittore Veneziani, allontanato nel ’38 in seguito alle persecuzioni razziali. Quando Tancredi Pasero intonò la Preghiera del Mosè, di Rossini, il Teatro fu colto da immensa commozione. E, infine, un pianto generale e liberatorio accompagnò il“Va’ pensiero” verdiano.
La musica abbracciò e contenne tutto: partecipazione, generosità, arte e bellezza. La vita ricominciava.
Allora come ora. La Scala riapre.
Foto Copertina Picture Credits Jean-Christophe BENOIST, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons