Toscanini conosceva Turandot e Puccini si riteneva soddisfatto del giudizio di Toscanini, che allora era direttore artistico della Scala. Puccini scrisse ad Adami:” E’ partito or ora di qui Toscanini. Siamo in perfetto e simpatico accordo e finalmente respiro…”. Ma rimaneva sempre la questione del duetto. “Si è parlato del duetto che non piace molto. Come si fa? Io non so…io vedo buio….Ormai per questo duetto ci ho fatto un testone da elefante”. Nel settembre del 1924 in una sala prove della Scala Puccini incontrò nuovamente Toscanini e suonò quelle parti dell’opera che Toscanini non aveva ancora sentito. Puccini, in realtà, era già molto sofferente e prossimo alla fine. Dopo la sua morte Toscanini, che conosceva l’opera, si preoccupò di individuare un compositore che completasse le scene finali di Turandot. Si nominò Franco Alfano e la scelta non poteva più adatta, visto che il suo stile si era modellato su quello di Puccini. Il maestro aveva lasciato degli abbozzi molto particolareggiati che potremmo classificare in tre gruppi: una copia del testo completa del duetto, con alcune annotazioni musicali buttate giù a margine; un certo numero di fogli staccati di carta da musica scritta su cui Puccini elaborò varie idee e, infine, trentasei pagine di abbozzo di partitura che contengono uno schema continuo e completo delle ultime due scene. Su questo insieme di materiali Alfano basò il suo lavoro.
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Articolo scritto da Maria Primiceri – docente di Pianoforte Principale presso il Conservatorio Tito Schipa di Lecce e studiosa delle donne musiciste con eventi e conferenze su Nannerl Mozart, le mogli di Bach, Maria Szymanowska, Fanny Mendelssohn
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