Turandot: l’ultima e più sofferta opera di Puccini

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Turandot è l’ultima opera di Puccini. Il maestro aveva iniziato a lavorare a Turandot ai primi del 1920 e per quattro anni cercò disperatamente di portarla a compimento. Vi si dedicò completamente tra momenti di alte speranze e di profonda disperazione. Sentiva in Turandot il compimento di “un’opera originale e forse unica” e solo sei mesi prima di morire scrisse ad Adami :”Penso ora per ora, minuto per minuto a Turandot e tutta la mia musica scritta fino ad ora mi pare una burletta e non mi piace più”.  Nelle sue lettere si avverte la fretta febbrile di completare l’opera. Rimprovera i poeti, li esorta a far presto,li sente negligenti nei suoi confronti. Non si può fare a meno di pensare che Puccini sentisse la vita sfuggirgli e che non sarebbe riuscito a completare Turandot . E così fu. Il Maestro aveva detto: ”L’opera verrà rappresentata incompleta, poi qualcuno uscirà dalla ribalta e dirà al pubblico: “A questo punto il Maestro è morto”. Puccini muore il 29 novembre 1924 e Turandot venne rappresentata per la prima volta alla Scala il 25 aprile del 1926 diretta da Toscanini che, dopo la scena della morte di Liù, depose la bacchetta e rivolto al pubblico, con voce appena udibile, disse:” Qui finisce l’opera, perché a questo punto il Maestro è morto.” Aggiungendo poi qualcosa come :“ La morte in questo caso è stata più forte dell’arte”. La sera successiva l’opera fu eseguita col finale di Alfano.

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Articolo scritto da Maria Primiceri – docente di Pianoforte Principale presso il Conservatorio Tito Schipa di Lecce e studiosa delle donne musiciste con eventi e conferenze su Nannerl Mozart, le mogli di Bach, Maria Szymanowska, Fanny Mendelssohn

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